di Andrea Pezzè
Giacomo Falconi è un giovane traduttore e un editore coraggioso. Ha fondato, assieme a Michela Guardigli, una casa editrice, la Wordbridge, e ha puntato sul libro digitale. Grazie alla sua creatura e alla preziosa collaborazione di Vincenzo Barca, traduttore affermato e con grande esperienza nel mondo latinoamericano (quindi anche di espressione portoghese), ha portato in Italia le antologie narrative di Traviesa (dopo una prima pubblicazione parziale a opera di Caravan edizioni).
Si tratta della traduzione di un progetto editoriale nato con l’obiettivo di promuovere i giovani scrittori del continente latinoamericano, alcuni già noti, altri da scoprire. In parte, questo progetto nasce dalle inquietudini degli autori presenti a Bogotá 39, una rassegna letteraria del 2007, avvenuta nella capitale colombiana per premiare o offrire visibilità a trentanove scrittori di età inferiore ai trentanove anni, appunto. Tra questi, si potevano annoverare Jorge Volpi e Andrés Neuman, oggi decisamente affermati. Altri autori, forse più di nicchia, hanno perseverato nella loro ricerca linguistica e letteraria, hanno orgogliosamente proseguito attraverso sentieri sconosciuti e si sono mantenuti al margine del grande mercato editoriale. In generale, gli autori del gruppo Bogotá 39 e gli altri che appaiono nelle antologie della collana Traviesa, hanno chiara la volontà di svincolarsi dalla descrizione del meraviglioso, della magia e dell’agreste. Dal congresso di Siviglia del 2003, ultimo atto pubblico di Roberto Bolaño prima della sua morte, un filone importante del mondo latinoamericano ha deciso di sbarazzarsi del canone del realismo magico, per costruire il proprio. In fondo, non si trattava di una proposta originale, ma della affermazione di idee già pervenute con l’antologia McOndo, di Alberto Fuguet e Sergio Gómez, pubblicata a metà degli anni ’90, e praticata da altri scrittori come Ricardo Piglia o Sergio Pitol. Il congresso celebrato a Siviglia sancisce, quindi, una significativa svolta generazionale.
Questi i tratti generali delle antologie; quelli particolari sono espliciti nei titoli: il primo volume, Malasorte, ovviamente ha per tematica la sfortuna; il secondo Messia, tratta di santoni, sette e miracolati; il terzo, Finzione estrema, non ha paura di spingere il linguaggio al limite, e oltre, del cinismo, della violenza e del dolore (e anche del neoliberismo). Ogni volume dell’antologia è costituito da quattro racconti ed è curato da un giovane scrittore latinoamericano. Insomma, al di là della pregevole qualità letteraria, dell’importanza di scoprire un mondo di finzioni poco noto e sorprendente, ci sono altre qualità da sottolineare: non inquina (o almeno, visto che qualsiasi cosa facciamo è inquinante, diciamo che inquina poco) e costa come una rivista. Se si usa un dispositivo di lettura digitale, le antologie di Traviesa sono perfette per astrarsi dal mondo urgente e aggressivo delle metropoli congestionate in cui viviamo. Su treni fuori orario, scendendo scale mobili, Traviesa è un’ottima lettura il cui contatto costante con la realtà è il cinismo di cui è condito ogni racconto. Qualcuno potrebbe pensare che la distanza tra il nostro quotidiano e la lettura non sia quindi annullata e che aprire le pagine di Traviesa voglia dire riprodurre all’infinito la sgradevole sensazione di non vivere nel migliore dei mondi possibili. Loris Tassi, anche lui artefice di un coraggioso progetto editoriale latinoamericanista, direbbe che in fondo la letteratura è perdizione. Eppure, può anche essere redenzione, o quanto meno esorcismo. Quando i treni arrivano a destinazione, le scale mobili ci portano all’uscita, chiudiamo il libro e, in fondo, non ci è successo niente, siamo contenti di pensare che la nostra vita sia in ultima istanza banale e le disgrazie accadano solo ai malcapitati di cui leggiamo le sventure.