Per la versione italiana de “La pagina infestata dai fantasmi” di Antônio Xerxenesky ci siamo rivolti a Ieve Holthausen, l’artista che aveva realizzato la copertina originale, raffigurante vari strati di pagine di un libro, tra cui è possibile individuare, aguzzando la vista, il nome dell’autore e il titolo dell’opera. Una volta acquisiti i diritti per la pubblicazione e la traduzione di questa raccolta di racconti a tema letterario, ci è apparso subito evidente che quella copertina doveva essere mantenuta, anzi tradotta in italiano, in quanto indissolubilmente legata al libro stesso, che ne viene “infestato”. È nata così una collaborazione che ha portato alla realizzazione della copertina italiana, per la quale l’artista ha rimesso mano a un progetto grafico che continua a farsi notare per la sua originalità.
Riportiamo di seguito l’intervista a Ieve Holthausen, tradotta in italiano dal portoghese, e pubblicata in origine sul blog Sobrecapas, incentrato sul tema del design in ambito editoriale:
Come è nata questa copertina?
La copertina di questo libro di Antônio Xerxenesky è nata come progetto conclusivo dei miei studi. Ero in cerca di un’idea per la mia tesi in Design presso la ESPM (Escola Superior de Propaganda e Marketing) e, dato che avevo già realizzato la copertina del libro Rumor da Casa di Telma Sherer, insieme a Flávia Hocevar, e del libro Pó de Parede di Carol Bensimon, avevo ricevuto da Antônio, caro amico della Bensimon, la richiesta di creare un progetto grafico incentrato sul suo nuovo libro, all’epoca ancora in fase di stesura. Il lavoro finì per coinvolgere non solo il design della copertina ma l’intero progetto grafico ed editoriale, oltre a una serie di fotografie da includere nel design interno del libro. Dopo la laurea, quando Xerxenesky firmò con l’editrice Rocco, suggerì il mio lavoro per la copertina.
Come hai sviluppato il concetto della copertina e come è stata prodotta l’immagine?
Trattandosi di una raccolta di racconti metaletterari, l’idea (ovvia) era creare una copertina che utilizzasse il metalinguaggio, che parlasse di libri, lettori, letteratura.
Oltre all’uso del metalinguaggio, volevo creare una copertina che causasse un certo estraniamento, che si distanziasse un po’ dal convenzionale.
Uno dei miei riferimenti è stata la copertina di “Gli ultimi giorni dell’editoria” di Tom Engelhardt (altro esempio di traduzione di una copertina), che crea una confusione iniziale durante la lettura, dato che le informazioni vengono ricavate soltanto dopo una lettura più attenta dell’immagine. Oltre a questo, mi ha sempre affascinato la bellezza malinconica delle pagine strappate, è da questo spunto che sono partita per arrivare a un’immagine in cui il titolo e l’autore restano visibili attraverso strati di pagine strappate, in modo da risultare le uniche parole leggibili. Ho fatto manualmente dei tagli sequenziali nelle pagine di un vecchio libro, formando degli strati, poi ho digitalizzato il tutto. Per la costruzione delle parole ho digitalizzato una pagina intera dello stesso libro e ho ritagliato i caratteri necessari per formare il nome dell’autore e il titolo dell’opera. Poi ho applicato le parole risultanti negli spazi, sostituendo quelle originali dell’immagine. Pertanto, la costruzione della copertina è stata una combinazione di lavoro manuale e digitale.
Ed ecco il risultato: