Van Gogh Dylan
Tradotto da: Francesca Adorno e Letizia Pancini
ISBN: 9788899958312
Quando Bob Dylan incontra Van Gogh in un momento onirico o forse allucinatorio, riceve un prezioso seppur spaventoso consiglio sulla sua arte…
L’autore:
Ricardo Koch Kroeff è nato a Porto Alegre nel 1987. Ha una laurea in Comunicazione Sociale e un master in Scrittura Creativa conseguito presso la Pontifícia Universidade Católica do Rio Grande do Sul. La sua prima opera, Idioma de um só (in precedenza intitolata Deng Linlin), è stata pubblicata dalla Não Editora nel 2016. Oltre a essere uno scrittore, è anche un artista visivo.
Ulteriori informazioni su Dramas – N(u)ove voci dal Brasile
Un piccolo assaggio...
Van Gogh Dylan
Van Gogh cammina verso il cancello. Negli occhi ha una stanchezza rassegnata. La sua pelle rosa e nuda piange sudore trasparente, per questo non indossa camicia né pantaloni. Se potesse, non porterebbe la barba arancione che provoca tanto calore al viso rubicondo. Mentre cammina tiene le mani chiuse sopra la testa. Dentro sente i cubetti di ghiaccio rimpicciolirsi. Le gocce scongelate cadono sulla testa del pittore e scelgono i percorsi che vogliono tracciare nel labirinto capillare di riccioli giallastri dei suoi capelli. Van Gogh fa piovere sul proprio spirito, ha le mani di nuvola.
Inizia a tirare la corda che aziona le quattrocentoventisette carrucole del meccanismo, troppe perché un uomo possa farcela da solo.
Venticinque minuti dopo, Van Gogh, molto sudato, ha aperto metà del cancello. Fuori è notte pura. Le stelle sono all’altezza dei suoi occhi, alcune in basso, all’altezza dei piedi. Sono gigantesche, come delle lune.
Laggiù, a terra, il mare buio rimbomba. Il freddo notturno e il vento che sale dal mare entrano nei polmoni nudi di Van Gogh e provocano erezioni nei peli rossi.
In due ore, riesce finalmente ad aprire il cancello. Esausto, tira due leve. Sul soffitto di pietra risuonano un rumore liquido e un altro di qualcosa che rotola verso di lui e si avvicina.
Van Gogh raccoglie una candela spenta dal pavimento, sbuffa, accende un fiammifero. Comincia a camminare con la candela all’altezza esatta degli occhi. Il vento che sale dal mare muove i suoi capelli di fuoco. La fiamma della candela non serve a illuminare il buio, è il buio che serve a non impedire la visione dei movimenti gialloverdi del fuoco, che nascono e muoiono allo stesso tempo.
Van Gogh cammina guardando la fiammella per due ore e qualche respiro. Appoggia la candela nel mezzo del cancello e ritorna. Passano altre due ore e qualche volta mette le mani sulle ginocchia.
Il rumore liquido che rotola nel soffitto continua a circolare sopra alla sua testa come l’acqua che torna a scorrere nei tubi arrugginiti di una vecchia casa.
Dalle grucce attaccate al muro, Van Gogh sfila e comincia a indossare dei mutandoni bianchi, un paio di pantaloni blu contadino e una camicia che lotta contro gli altri colori per rimanere rossa. Si mette un altro paio di pantaloni, del colore delle arance, sopra quelli blu. Infine, indossa due maglioni di cashmere inglese sotto un cappotto di cammello.
Van Gogh si mette tre paia di calzettoni e degli stivali di pelle spagnola. Uno si affloscia già su sé stesso, l’altro mantiene ancora una certa eleganza nella posa per compensare la mancanza di stringhe. Dentro gli stivali, le gambe di Van Gogh tremano, sudate, mentre il rumore nel soffitto cresce. Sta diventando così forte che presto potrà capire da dove proviene.
Nel buio, Vincent Van Gogh riesce a distinguere solo uno schizzo di colore in lontananza: la luce arancione diffusa della candela che ha lasciato in mezzo al cancello.
Il rumore appare. È una sfera nera, densa e bollente. Incute un rispetto materno con la sua enorme consistenza e la sua massa. La sfera gli passa di fianco e lui, come sempre, prova paura. La sua densità dantesca altera la gravità e al suo passaggio la terra chiude gli occhi. Van Gogh resta per un momento in punta di piedi e poi si stacca dal suolo.
La sfera passa sopra la candela accesa e Woosh!, si infiamma!
Passa attraverso il cancello e comincia a cadere, con il cielo capovolto.
Stordito, Van Gogh si sdraia, striscia e sporge la testa fuori dal cancello. Vuole vedere il mare che si sveglia. Il sole scende e va a rimuovere la notte dalle cose, regala a ciascuna una tinta diversa, come un padre pittore che, di ritorno da un viaggio, ha con sé dei colori per le figlie. I verde-azzurri del mare si aprono come uno sbadiglio della natura. Van Gogh nota che i verde-azzurri e i blu-verdi si sovrappongono l’un l’altro, così come i verde-gialli nascono e allo stesso tempo muoiono nei suoi arruffati capelli di fuoco.